1. GREENWASHING: CHI FA LE REGOLE?
Da parecchi mesi sentiamo spesso parlare di possibili normative sulla comunicazione della sostenibilità, che mettano dei paletti a ciò che un’azienda può o non può proclamare, per scongiurare il rischio di greenwashing (ovvero la pratica di fare affermazioni false, incomplete o fuorvianti sul tema della sostenibilità dei prodotti).
Il 30 settembre, con una news sul suo sito aziendale, Kering – il gruppo di cui fanno parte marchi come Gucci, Bottega Veneta, Saint Laurent, Pomellato, DoDo, per citarne alcuni – ha annunciato la pubblicazione di un nuova serie di standard – la quinta dal 2018 – per le materie prime e i processi per una produzione sostenibile. Il documento di circa 200 pagine comprende anche una parte dedicata alle modalità di comunicazione: potete leggere una sintesi della sezione “Guidance for Sustainability Claims” nell’articolo di Silvia Gambi su Solo Moda Sostenibile . Il dubbio rimane se sia efficace che un’azienda o un grosso gruppo si diano da soli delle regole, per quanto ben scritte e dettagliate: un controllato può anche essere il proprio controllore?
Sicuramente da consumatori dovremmo riflettere maggiormente sui messaggi che riceviamo in tema sostenibilità. Quali informazioni può o deve veicolare una campagna di comunicazione che parla di sostenibilità affinché l’azienda non sia accusata di ambientalismo di facciata? Per Quantis, società che si occupa di consulenza ambientale, un buon “Green claim” deve comunicare informazioni specifiche, misurabili, pertinenti, comprensibili e accessibili. Si tratta di indicazioni per le aziende, ma che possono essere utili anche a noi consumatori per capire chi davvero lavora per un cambiamento sostenibile e chi invece lo fa solo a parole, finché, ci auguriamo, non ci saranno leggi più stringenti in materia di greenwashing.
Una nuova legge potrebbe arrivare in Francia nel 2023: secondo una proposta tutti i capi di abbigliamento dovranno avere un’etichetta contenente informazioni sull’impatto climatico della produzione del capo. Sul calcolo di questo impatto ci sarebbero altri ragionamenti da fare, ma quest’etichetta sarebbe un bel passo avanti, soprattutto se, come si dice nell’articolo in questione, una legge simile dovesse essere applicata dall’intera Unione Europa entro pochi anni. Interessante in questo senso è anche l’intervista rilasciata a Vogue dal commissario europeo per la sostenibilità: avreste mai pensato di leggere mai qualcosa del genere in questa rivista-icona della moda di lusso? Forse, davvero, i tempi stanno cambiando.
(Testo di Carmen Guarino in collaborazione con Laila Bonazzi)
Foto – www.kering.com/it/il-gruppo/